Il costrutto di PAS (Parental Alienation Syndrom) è stato introdotto da Gardner e riguarda il
profondo rifiuto, manifestato da uno o più figli nei confronti di un genitore, non giustificato da
motivi gravi o pertinenti.
Sebbene non sia incluso negli attuali manuali di psicopatologia o psichiatria internazionali e quindi non abbia una valenza diagnostica, il costrutto di PAS ha un riscontro nel lavoro clinico degli operatori che intervengono in contesto di divorzio e separazione.
Gardner (in Patrizi, 2012) ha ipotizzato che un genitore, generalmente la madre, sia “programmante”, cioè colluda con i naturali sentimenti di rabbia, rinforzando i comportamenti di rifiuto del minore, talvolta in modo implicito.
In genere il genitore programmante ha una personalità dipendente e immatura che instaura con il figlio rapporti simbiotici e genitorializzanti, invece di spingerlo all’autonomia (Malagoli Togliatti,
Ardone, 1992; in Patrizi, 2012). Con il tempo, tali comportamenti inficiano non solo la serenità del bambino, ma anche o sviluppo armonico della sua personalità.
Per contro, anche nel genitore alienato si riscontrano caratteristiche peculiari: coloro che mostrano difficoltà interpersonali o superficialità nella relazione, o che appaiono incapaci fornire supporto psicologico, sembrano più predisposti ad essere alienati.
Recentemente, l’esperienza maturata in ambito giuridico rende i periti più propensi ad affidare i minori a genitori collaborativi nei confronti dell’altro coniuge, in quanto più consapevoli dei bisogni di conservazione del legame bigenitoriale dei figli; il mediatore che si trovi di fronte a casi di alienazione è tenuto a considerare prioritari i bisogni del minore, anche interrompendo il processo ed inviando la coppia; altrimenti , nei casi lievi, può suggerire opzioni che tengano conto delle necesssità rilevate e riprogrammino la coppia.
In realtà, una conflittualità genitore-figlio è quasi sempre presente, in particolare nelle separazioni giudiziali e appare fisiologica, se lieve e transitoria: essa permette al bambino di esteriorizzare sentimenti ostili che necessitano di essere accolti e contenuti. A tale scopo, l’ascolto del minore appare fondamentale per fugare dubbi circa la patologia di tali dinamiche e per tutelarne il benessere.