"L'approccio strategico nell'ambito della psicoterapia può essere definito come l'arte di risolvere complicati problemi umani mediante soluzioni apparentemente semplici" G. Nardone

Categoria: psicoterapia strategica breve

La psicoterapia strategica aiuta le persone a mettere in atto comportamenti efficaci e funzionali, per superare piccole e grandi difficoltà.
E’ breve perchè è centrata su singoli obiettivi e permette di ritrovare rapidamente un nuovo equilibrio.

Conflitti tra fratelli

Studio di psicoterapia strategica breve

dr.ssa Maria Chiara Pagnottelli




“Per i genitori la cosa più importante è comprendere e rispettare le esigenze dei propri figli, per poi stabilire i limiti comportamentali”

Kaniak-Urban , Lex Kachel

Il conflitto tra fratelli rappresenta per molti genitori una fonte di stress famigliare che rende difficili e pesanti le interazioni all’interno dell’ambiente domestico: tuttavia esso è, entro certi limiti, sano e naturale.
Esso è naturale: se nostro marito o nostra moglie ci parlassero per nove mesi di una nuovo partner che presto verrà ad allietare le nostre case, come minimo avremmo una crisi d’ansia; se poi all’arrivo in casa, questi fosse sempre tra le braccia del nostro beneamato, sarebbe fonte di rabbia e disperazione, tanto più quanto il partner ci rimproverasse di essere insensibili o cattivi nel reclamare tempo e spazi solo per la coppia originaria.
In questa luce quindi, le naturali raccomandazioni che gli adulti fanno al figlio primogenito, non solo non sono sufficienti, ma sono spesso fonte di ulteriore insicurezza. Ogni figlio cerca un posto speciale nel cuore di mamma e papà e, sentirsi dire che l’amore basta per tutti, è tutt’altro che risolutivo del malessere provato. Si può quindi immaginare che solo la certezza di mantenere parte dell’esclusività del rapporto e il raggiungimento di un nuovo e soddisfacente ruolo all’interno della famiglia può contenere la gelosia e permettere la creazione di un rapporto sano e affettuoso con la fratria.
Ovviamente il rapporto genitore figlio non è in natura esclusivo come quello di coppia, ma alcuni bambini sperimentano un rapporto strettissimo con le figure accudenti: alcuni bambini hanno un vero e proprio harem per farsi coccolare! Figli unici, nipoti unici di nonni e zii, hanno un mondo di adulti disponibili. In questo caso i bambini devono faticare molto per mantenere la pole position all’arrivo del nuovo bebè e i repertori comportamentali messi in atto per raggiungere questo scopo, saranno i più  i più disparati e cambieranno a seconda dell’indole e dei risultati ottenuti.
Il nuovo ruolo ricoperto dal primogenito può non essere soddisfacente, alcuni bambini si comportano come “pecora nera”, sfidando gli adulti e attirando attenzioni negative su di sé; sebbene nessun genitore sia felice di ciò, gli adulti possono in alcuni casi concorrere a consolidare questo ruolo negativo.

Anche il comportamento degli altri fratelli influenza il mantenimento dei pattern comportamentali: per mantenere la propria unicità ogni figlio riveste un ruolo differente; le famiglie con più di due figli sapranno descrivere con una parola ogni membro, a testimonianza del valore che il sentirsi riconosciuto in un ruolo ricopre all’interno delle dinamiche famigliari. Le aspettative e le risposte emotive dei genitori possono stabilizzare i ruoli, rendendoli rigidi: i figli possono allora accettare il ruolo o fuggire all’esterno, costruendosi una identità soddisfacente al di fuori della famiglia ( ad esempio con un gruppo di pari).

Un moderato conflitto tra fratelli quindi è sano quando permette ad ogni membro di trovare la propria strada  e se  non coinvolge scontri finalizzati alla umiliazione dell’altro, esso insegna ai bambini a competere con i pari, ad esprimere la propria unica personalità, sfoderando i propri aspetti migliori (astuzia, coraggio, competitività, auto-affermazione, intelligenza, pazienza).
Il conflitto tra fratelli serve per:

  • Conquistare un ruolo nella famiglia (lo sportivo, il coraggioso,il buono,l’ intelligente,lo  spavaldo,lo studioso)
  • Attirare l’attenzione dei genitori (fare la spia, litigare vistosamente a tavola, criticare duramente il fratello davanti a tutti)
  • Definire i confini dell’altro: spesso i fratelli minori vivono il rapporto con i fratelli maggiori come fonte di affetto e rassicurazione che gli adulti non danno. I fratelli maggiori possono talvolta fuggire da questo ruolo, o limitarlo, soprattutto quando la coppia genitoriale non ne riconosce il valore.

Sebbene sia impossibile eliminare la conflittualità tra fratelli, alcune strategie sono utili per  renderle gestibili:

  1. osservare il tipo di conflitto: quando, dove, come, con chi e perché si presentano i litigi. Queste indicazioni rappresentano la base del diario di osservazione per comprendere quale dinamica si cela dietro al conflitto.
  2. Definire tempi e spazi chiari all’interno della famiglia; in ogni casa ci sono stanze comuni come: cucina, soggiorno, bagno, che la famiglia usa secondo regole condivise, e spazi personali che devono essere riservati. Tra queste c’è la camera matrimoniale, che deve il più possibile rimanere off-limits, anche nel caso in cui la famiglia sia monoparentale.
  3. Mantenere l’autorità; ogni figlio accetta l’educazione dal genitore, ma  non necessariamente dai fratelli: è opportuno che alcune questioni educative sia affrontate nel rispetto della privacy .
  4. Rimandare ad ogni figlio una idea positiva di sé stesso: anche il bambino più monello e capriccioso ha delle doti uniche e  apprezzabili, le persone non si possono etichettare con un solo comportamento, ma cambiano ruolo nei diversi contesti e nell’arco della vita. Un bambino non è sempre e solo pasticcione oppure pigro oppure disubbidiente ma lo sarà talvolta , mentre in altri contesti sarà abile, generoso, simpatico. Mirare i rimproveri al comportamento funziona sempre!
  5. Dare l’occasione ai propri figli di riparare ad una cattiva azione: aiuta a comunicare meglio e crescere, perché incrementa il repertorio comportamentale e quindi le strategie di funzionamento.

 

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Basi teoriche della psicologia strategica

La psicologia strategica nasce, insieme alle moderne correnti terapeutiche come modalità di approccio alle relazioni di aiuto, in seguito ai lavori del Mental Research Institute (MRI) di Palo Alto in California e fa parte delle Brief Therapies, ossia terapie brevi orientate al sintomo.

La psicoterapia strategica si avvale di quattro teorie fondamentali della psicologia: l’approccio sistemico, l’interazionismo simbolico, il costruttivismo, la Programmazione Neuro-Linguistica (PNL) che vedono la comunicazione e il contesto in cui essa avviene, al centro del loro focus attentivo

L’ottica sistemica

Diretto da P. Gregory Bateson, insieme ad un gruppo interdisciplinare di esperti, il MRI aveva lo scopo di approfondire la comunicazione umana sotto ogni aspetto. Tra questi spiccano i nomi di Paul Watzlawick, John Weakland e Jay Haley, cui la psicologia moderna deve moltissimo in termini di rinnovamento, sia teorico che tecnico. Attraverso il lavoro con le famiglie di pazienti schizofrenici e l’analisi delle modalità interattive di grandi comunicatori sono stati codificati 5 assiomi della comunicazione umana:

E’ impossibile non comunicare, per cui anche il silenzio è comunicazione.

La comunicazione è formata da un messaggio di relazione e uno di contenuto, ciò ingenera mistificazioni circa la reale natura del messaggio laddove i livelli comunicativi non sono esplicitati.

Il significato della relazione varia in base all’interpunzione dei turni di conversazione.

Esistono due canali di comunicazione, uno digitale (verbale) e uno analogico (incluso il canale non verbale ).

La relazione tra i comunicanti può essere simmetrica o paritaria o complementare in cui uno assume una posizione one-up e l’altro è one-down.

Questi assiomi definiscono le caratteristiche di base della comunicazione umana per cui è possibile codificare tutti i tipi di interazione, sia comportamentali che dialogiche; ogni individuo è interno ad un sistema di relazioni da cui è modificato e che modifica a sua volta attraverso i suoi comportamenti: queste tipologie di interazione sono spesso ricorrenti e vengono definite pattern o modelli comunicativi.

Alcune volte gli individui confondono i livelli dei messaggi, ingenerando confusione e conflitti; altri messaggi sono formulati in modo ambiguo e creano delle comunicazioni paradossali, ossia comunicazioni non “eseguibili” sul piano logico che impediscono all’interlocutore di proseguire la comunicazione perché impossibili da negare o da confermare.

La possibilità di effettuare una scelta tra opzioni (accettare e rifiutare) viene definita come legame, la comunicazione paradossale invece espone l’interlocutore ad un doppio legame, in cui qualsiasi scelta è imposta dal mittente. Il doppio legame, per quanto rappresenti una esperienza emotivamente forte, assume aspetti traumatici solo se interno ad una relazione affettivamente coinvolgente, in cui il membro che subisce non ha né la possibilità di metacomunicare, né di evitare l’interazione.

Gli studi del MRI hanno mostrato come le comunicazioni paradossali costituiscano dei pattern interattivi stabili nelle famiglie dei pazienti affetti da schizofrenia: il sintomo dissociativo è visto allora come effetto dell’impossibilità di rispondere al paradosso, sperimentato in modo continuativo, massivo, all’interno di una relazione, intensa e imprescindibile, come quella tra genitore e figlio piccolo; il seguente esempio, un classico di Greenburg, mostra proprio un doppio legame squalificante :

Regala a tuo figlio Marvin due camicie sportive. La prima volta che ne mette una, guardalo con tristezza e digli col tuo Solito Tono di Voce: “Quell’altra non ti piace?” (Watzlawick, Beavin, & D.D, 1967)l’interazionismo simbolico

L’interazionismo simbolico

  E’una corrente psicologica fondamentale per comprendere appieno le basi teoriche sottostanti la psicologia strategica: ognuno infatti ha costruito un senso del sé durante la propria storia ed esso costituisce la base della coesione interna. Ognuno di noi possiede idee, immagini, schemi del sé che derivano dal proprio modus operandi e che possono essere modificati all’occorrenza nel momento in cui non sono più funzionali nella vita quotidiana (in Petruccellli & Verrastro, 2012) Tuttavia, il soggetto tende ad agire in modo coerente con le proprie idee: se ciò non è possibile perché il contesto non lo consente o se la ricerca di coerenza risulta rigida ed eccessiva, i comportamenti possono diventare disfunzionali e necessitano allora di un aiuto esterno per essere rivisti, modificati, ampliati. Nell’interazione quindi è necessario condividere quelle aspettative circa la relazione, in particolare in terapia vanno considerate e valorizzate tutte le credenze, il sistema valoriale, le aspettative, che costituiscono il nucleo fondante del’identità individuale; il lavoro terapeutico avviene invece nella narrazione delle storie che il paziente si racconta per spiegare e interpretare le proprie esperienze che possono essere arricchite di significati nuovi, più positivi e funzionali per il soggetto, in modo da fornire comportamenti alternativi, fiducia in se stessi e speranza.

Il costruttivismo

L’essere umano allora è impegnato in uno scambio continuo con l’esterno e la sua mente diviene il luogo in cui la realtà esterna viene elaborata, interpretata, e ricostruita. Infatti ogni persona riceve dall’esterno le informazioni attraverso i canali sensoriali che, di fatto, filtrano l’accesso degli input in modo attivo. Gli studi dello Human Information Processing hanno inoltre mostrato come le afferenze sensoriali non siano fedeli fotografie del mondo ma piuttosto costruzioni di una realtà personalizzata, adattata agli schemi mentali e culturali del soggetto.

La realtà quindi non esiste o non è esperibile in modo oggettivo, ma è frutto di elaborazioni e rielaborazioni personali del soggetto.

Applicata alla relazione di aiuto, la teoria del costruttivismo pone l’accento sull’esistenza del fenomeno psichico per come viene percepito dal soggetto: da qui nasce la necessità di entrare nel punto di vista del paziente, per poter comprendere ciò che dall’esterno può sembrare irrilevante o trascurabile.

Secondo Watzlawick ad esempio esistono due livelli di realtà: di primo ordine, che riguarda le afferenze sensoriali e permette la costruzione delle immagini mentali, e di secondo ordine, creata dall’interpretazione e classificazione delle percezioni. La psicoterapia strategica si propone quindi il cambiamento della realtà di secondo ordine sostituendo la logica disfunzione con una lettura dell’esperienza più adatta al soggetto e al suo contesto socio-culturale. Ovviamente tali cambiamenti di secondo ordine modificano le regole comunicative non solo del soggetto, ma dell’intero sistema di riferimento e producono quindi ripercussioni profonde anche nella rete di relazione del soggetto.

La Programmazione Neuro Linguistica

Basata sull’analisi delle caratteristiche comunicative dei grandi terapeuti come Milton Erickson, Virginia Satir, Fritz Perls, la PNL rileva i presupposti cognitivi alla interpretazione del mondo e categorizza le modalità conoscitive delle persone secondo canali sensoriali dominanti: ogni individuo infatti utilizza in modo preferenziale uno tra i cinque canali (visivo, uditivo, cenestesico, olfattivo, gustativo)che viene definito primario. Questo canale diventa non solo il punto di afferenza primario della realtà ma un vero organizzatore dell’esperienza, riscontrabile anche a livello linguistico con la scelta di sfumature ad esso collegate .

La psicoterapia strategica utilizza questo canale per costruire il rapporto empatico, attraverso un rispecchiamento del canale primario per poi proporre un modellamento verso un canale nuovo o una riorganizzazione percettiva più completa dell’esperienza., con una graduale sostituzione dell’esperienza percettiva sgradevole o traumatica.