"L'approccio strategico nell'ambito della psicoterapia può essere definito come l'arte di risolvere complicati problemi umani mediante soluzioni apparentemente semplici" G. Nardone

Autore: dr.ssa Maria Chiara Pagnottelli (Pagina 9 di 10)

Laureata con lode alla facoltà di psicologia de "La Sapienza" in Roma nel 2001
Specializzata in Psicoterapia breve ad approccio strategico presso ISP di Roma, nel 2013.
Ha conseguito un master in psicologia giuridica presso l'ISP di Roma nel 2012
E' master practitioner di PNL dal 2019
Lavora presso il proprio studio privato come psicologo evolutivo e psicoterapeuta

Il vissuto del minore nella separazione

In passato, le teorie psicodinamiche classiche hanno enfatizzato molto le conseguenze della separazione dovute alla assenza di una figura genitoriale, di solito il padre, come fonte di stress e manifestazioni sintomatiche.
In base ad un’ottica strategica tuttavia si può affermare che, sebbene la disgregazione della famiglia rappresenti un momento di profondo stress, il vissuto di perdita può essere contenuto attraverso il mantenimento dei legami con entrambi i genitori e con una gestione funzionale della conflittualità; probabilmente il figlio di coppie divorziate o separate che gestiscono in modo sereno la bi-genitorialità avrà maggiori vantaggi dalla propria situazione familiare, rispetto ai figli di coppie che, pur convivendo , mantengono elevati livelli di aggressività latente. L’ottica deve essere allargata, non solo alla crisi familiare, ma anche alle relazioni, alle risorse e a tutta la rete interpersonale che caratterizza la famiglia.
Talvolta però le relazioni parentali risultano così carenti che il bambino, di fronte alla separazione, vive una situazione drammatica di crisi profonda, spesso permeata da senso di colpa, rabbia più o meno espressa, incertezza.
Il senso di colpa è tipico dell’età infantile ed è legato all’ansia circa la perdita degli oggetti d’amore primari; durante il primo processo di separazione/individuazione, il bambino desidera allontanarsi dalle figure di attaccamento e tende all’opposizione e al rifiuto: questo periodo famoso come “fase del no” ingenera prime forme di conflitto familiare e, sia i bambini che genitori, possono manifestare rabbia reciproca: il bambino che ha desiderato la separazione dai genitori può sentirsi responsabile dell’uscita di casa di un genitore, erroneamente attribuita ai propri comportamenti oppositivi.
L’allontanamento da casa di un genitore inoltre, può essere vissuto al contempo come un abbandono e quindi può ingenerare rabbia o angoscia. Spesso questi vissuti sono accentuati dalle reazioni emotive del genitore convivente, che può provare gli stessi sentimenti ed entrare in risonanza emotiva col figlio, dando origine a dinamiche particolari.
Non è infrequente che i figli, dopo la separazione dei genitori si schierino con un genitore percepito come debole, rifiutando o manifestando rabbia verso l’altro. Questi atteggiamenti ostili, se non vengono contenuti ma favoriti, implicitamente o esplicitamente, dal genitore convivente, possono portare all’Alienazione Parentale.

3.3 Sindrome da Alienazione Parentale

Il costrutto di PAS (Parental Alienation Syndrom) è stato introdotto da Gardner e riguarda il profondo rifiuto, manifestato da uno o più figli nei confronti di un genitore, non giustificato da motivi gravi o pertinenti.
Sebbene non sia incluso negli attuali manuali di psicopatologia o psichiatria internazionali e quindi non abbia una valenza diagnostica, il costrutto di PAS ha un riscontro nel lavoro clinico degli operatori che intervengono in contesto di divorzio e separazione.
Gardner (in Patrizi, 2012) ha ipotizzato che un genitore, generalmente la madre, sia “programmante”, cioè colluda con i naturali sentimenti di rabbia, rinforzando i comportamenti di rifiuto del minore, talvolta in modo implicito.
In genere il genitore programmante ha una personalità dipendente e immatura che instaura con il figlio rapporti simbiotici e genitorializzanti, invece di spingerlo all’autonomia (Malagoli Togliatti, Ardone, 1992; in Patrizi, 2012). Con il tempo, tali comportamenti inficiano non solo la serenità del bambino, ma anche o sviluppo armonico della sua personalità.
Per contro, anche nel genitore alienato si riscontrano caratteristiche peculiari: coloro che mostrano difficoltà interpersonali o superficialità nella relazione, o che appaiono incapaci fornire supporto psicologico, sembrano più predisposti ad essere alienati.
Recentemente, l’esperienza maturata in ambito giuridico rende i periti più propensi ad affidare i minori a genitori collaborativi nei confronti dell’altro coniuge, in quanto più consapevoli dei bisogni di conservazione del legame bigenitoriale dei figli; il mediatore che si trovi di fronte a casi di alienazione è tenuto a considerare prioritari i bisogni del minore, anche interrompendo il processo ed inviando la coppia; altrimenti , nei casi lievi, può suggerire opzioni che tengano conto delle necesssità rilevate e riprogrammino la coppia.
In realtà, una conflittualità genitore-figlio è quasi sempre presente, in particolare nelle separazioni giudiziali e appare fisiologica, se lieve e transitoria: essa permette al bambino di esteriorizzare sentimenti ostili che necessitano di essere accolti e contenuti. In questi casi l’ascolto del minore appare fondamentale per fugare dubbi circa la patologia di tali dinamiche e per tutelarne il benessere.

 

Basi teoriche della psicologia strategica

La psicologia strategica nasce, insieme alle moderne correnti terapeutiche come modalità di approccio alle relazioni di aiuto, in seguito ai lavori del Mental Research Institute (MRI) di Palo Alto in California e fa parte delle Brief Therapies, ossia terapie brevi orientate al sintomo.

La psicoterapia strategica si avvale di quattro teorie fondamentali della psicologia: l’approccio sistemico, l’interazionismo simbolico, il costruttivismo, la Programmazione Neuro-Linguistica (PNL) che vedono la comunicazione e il contesto in cui essa avviene, al centro del loro focus attentivo

L’ottica sistemica

Diretto da P. Gregory Bateson, insieme ad un gruppo interdisciplinare di esperti, il MRI aveva lo scopo di approfondire la comunicazione umana sotto ogni aspetto. Tra questi spiccano i nomi di Paul Watzlawick, John Weakland e Jay Haley, cui la psicologia moderna deve moltissimo in termini di rinnovamento, sia teorico che tecnico. Attraverso il lavoro con le famiglie di pazienti schizofrenici e l’analisi delle modalità interattive di grandi comunicatori sono stati codificati 5 assiomi della comunicazione umana:

E’ impossibile non comunicare, per cui anche il silenzio è comunicazione.

La comunicazione è formata da un messaggio di relazione e uno di contenuto, ciò ingenera mistificazioni circa la reale natura del messaggio laddove i livelli comunicativi non sono esplicitati.

Il significato della relazione varia in base all’interpunzione dei turni di conversazione.

Esistono due canali di comunicazione, uno digitale (verbale) e uno analogico (incluso il canale non verbale ).

La relazione tra i comunicanti può essere simmetrica o paritaria o complementare in cui uno assume una posizione one-up e l’altro è one-down.

Questi assiomi definiscono le caratteristiche di base della comunicazione umana per cui è possibile codificare tutti i tipi di interazione, sia comportamentali che dialogiche; ogni individuo è interno ad un sistema di relazioni da cui è modificato e che modifica a sua volta attraverso i suoi comportamenti: queste tipologie di interazione sono spesso ricorrenti e vengono definite pattern o modelli comunicativi.

Alcune volte gli individui confondono i livelli dei messaggi, ingenerando confusione e conflitti; altri messaggi sono formulati in modo ambiguo e creano delle comunicazioni paradossali, ossia comunicazioni non “eseguibili” sul piano logico che impediscono all’interlocutore di proseguire la comunicazione perché impossibili da negare o da confermare.

La possibilità di effettuare una scelta tra opzioni (accettare e rifiutare) viene definita come legame, la comunicazione paradossale invece espone l’interlocutore ad un doppio legame, in cui qualsiasi scelta è imposta dal mittente. Il doppio legame, per quanto rappresenti una esperienza emotivamente forte, assume aspetti traumatici solo se interno ad una relazione affettivamente coinvolgente, in cui il membro che subisce non ha né la possibilità di metacomunicare, né di evitare l’interazione.

Gli studi del MRI hanno mostrato come le comunicazioni paradossali costituiscano dei pattern interattivi stabili nelle famiglie dei pazienti affetti da schizofrenia: il sintomo dissociativo è visto allora come effetto dell’impossibilità di rispondere al paradosso, sperimentato in modo continuativo, massivo, all’interno di una relazione, intensa e imprescindibile, come quella tra genitore e figlio piccolo; il seguente esempio, un classico di Greenburg, mostra proprio un doppio legame squalificante :

Regala a tuo figlio Marvin due camicie sportive. La prima volta che ne mette una, guardalo con tristezza e digli col tuo Solito Tono di Voce: “Quell’altra non ti piace?” (Watzlawick, Beavin, & D.D, 1967)l’interazionismo simbolico

L’interazionismo simbolico

  E’una corrente psicologica fondamentale per comprendere appieno le basi teoriche sottostanti la psicologia strategica: ognuno infatti ha costruito un senso del sé durante la propria storia ed esso costituisce la base della coesione interna. Ognuno di noi possiede idee, immagini, schemi del sé che derivano dal proprio modus operandi e che possono essere modificati all’occorrenza nel momento in cui non sono più funzionali nella vita quotidiana (in Petruccellli & Verrastro, 2012) Tuttavia, il soggetto tende ad agire in modo coerente con le proprie idee: se ciò non è possibile perché il contesto non lo consente o se la ricerca di coerenza risulta rigida ed eccessiva, i comportamenti possono diventare disfunzionali e necessitano allora di un aiuto esterno per essere rivisti, modificati, ampliati. Nell’interazione quindi è necessario condividere quelle aspettative circa la relazione, in particolare in terapia vanno considerate e valorizzate tutte le credenze, il sistema valoriale, le aspettative, che costituiscono il nucleo fondante del’identità individuale; il lavoro terapeutico avviene invece nella narrazione delle storie che il paziente si racconta per spiegare e interpretare le proprie esperienze che possono essere arricchite di significati nuovi, più positivi e funzionali per il soggetto, in modo da fornire comportamenti alternativi, fiducia in se stessi e speranza.

Il costruttivismo

L’essere umano allora è impegnato in uno scambio continuo con l’esterno e la sua mente diviene il luogo in cui la realtà esterna viene elaborata, interpretata, e ricostruita. Infatti ogni persona riceve dall’esterno le informazioni attraverso i canali sensoriali che, di fatto, filtrano l’accesso degli input in modo attivo. Gli studi dello Human Information Processing hanno inoltre mostrato come le afferenze sensoriali non siano fedeli fotografie del mondo ma piuttosto costruzioni di una realtà personalizzata, adattata agli schemi mentali e culturali del soggetto.

La realtà quindi non esiste o non è esperibile in modo oggettivo, ma è frutto di elaborazioni e rielaborazioni personali del soggetto.

Applicata alla relazione di aiuto, la teoria del costruttivismo pone l’accento sull’esistenza del fenomeno psichico per come viene percepito dal soggetto: da qui nasce la necessità di entrare nel punto di vista del paziente, per poter comprendere ciò che dall’esterno può sembrare irrilevante o trascurabile.

Secondo Watzlawick ad esempio esistono due livelli di realtà: di primo ordine, che riguarda le afferenze sensoriali e permette la costruzione delle immagini mentali, e di secondo ordine, creata dall’interpretazione e classificazione delle percezioni. La psicoterapia strategica si propone quindi il cambiamento della realtà di secondo ordine sostituendo la logica disfunzione con una lettura dell’esperienza più adatta al soggetto e al suo contesto socio-culturale. Ovviamente tali cambiamenti di secondo ordine modificano le regole comunicative non solo del soggetto, ma dell’intero sistema di riferimento e producono quindi ripercussioni profonde anche nella rete di relazione del soggetto.

La Programmazione Neuro Linguistica

Basata sull’analisi delle caratteristiche comunicative dei grandi terapeuti come Milton Erickson, Virginia Satir, Fritz Perls, la PNL rileva i presupposti cognitivi alla interpretazione del mondo e categorizza le modalità conoscitive delle persone secondo canali sensoriali dominanti: ogni individuo infatti utilizza in modo preferenziale uno tra i cinque canali (visivo, uditivo, cenestesico, olfattivo, gustativo)che viene definito primario. Questo canale diventa non solo il punto di afferenza primario della realtà ma un vero organizzatore dell’esperienza, riscontrabile anche a livello linguistico con la scelta di sfumature ad esso collegate .

La psicoterapia strategica utilizza questo canale per costruire il rapporto empatico, attraverso un rispecchiamento del canale primario per poi proporre un modellamento verso un canale nuovo o una riorganizzazione percettiva più completa dell’esperienza., con una graduale sostituzione dell’esperienza percettiva sgradevole o traumatica.

 

 

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