A quarant’anni di distanza dalla introduzione della Legge sul divorzio, la numerosità delle coppie che decidono di porre fine al proprio matrimonio ha equiparato la separazione agli eventi normativi del ciclo vitale familiare; nonostante la separazione infatti comporti un enorme stress, essa non pone fine alle relazioni familiari, in particolare verso la prole, ma determina una diversa e più flessibile organizzazione del sistema in sotto-sistemi indipendenti.
Tale processo tuttavia può essere difficoltoso per un permanere di forme di attaccamento: la rabbia e il conflitto comportano comunque un coinvolgimento emotivo che, sebbene disfunzionale, imbriglia i membri della coppia e li tiene legati in un legame paradossale.
La controversia legale, che in molti casi rappresenta il triste epilogo di tali coppie, non si mostra spesso risolutiva della conflittualità che anzi viene accentuata dalla logica del contraddittorio.

Una possibilità per la gestione efficace del conflitto in fase di divorzio è  è rappresentata dalla mediazione: essa si inquadra in un percorso formativo che, pur non avendo finalità terapeutiche, promuovere il superamento di alcune disfunzionalità nella relazione e nella comunicazione e costituisce un punto ad quem, una nuova occasione per restituire serenità e nuove prospettive di vita.

La mediazione familiare rappresenta inoltre la  possibilità di raggiungere un accordo condiviso in modo breve e autonomo, rispetto alla decisione eteronoma fornita dal giudice: il processo giudiziario infatti sospende la potestà genitoriale, in attesa emettere una sentenza che stabilisca il miglior provvedimento tutelativo per la prole. Tale giudizio tuttavia era spesso basato in passato su caratteristiche tangibili, come il tenore di vita, o le condizioni materiali, mentre poco coincideva con i desideri e le abitudini di vita del minore: gli interventi attuali invece sono volti a comprendere, non solo la soluzione meno incisiva e di rottura rispetto alle abitudini di vita pregresse, ma anche quella più tutelativa della bi-genitorialità. E’ oggi opinione condivisa di chi si occupa di divorzio che il genitore migliore è quello più flessibile e più corretto rispetto al mantenimento della relazione del minore con l’altro.

Con il “divorzio breve” invece è possibile per i coniugi chiedere il divorzio dopo sei mesi dalla prima comparizione davanti al Presidente di Tribunale e non più dall’omologa. Dal punto di vista psicologico una più rapida cessazione dei vincoli coniugali e dell’asse ereditario , non coincidono necessariamente  con l’accelerazione dei processi di elaborazione psicologica del divorzio; questa necessita dei tempi di elaborazione della perdita, soprattutto nella parte che “subisce” il divorzio , o che comunque è meno interessata a “rifarsi una vita”. Inoltre  un divorzio in tempi brevi potrebbe acuire  le reazioni emotive da parte del congiunto psicologicamente e affettivamente più debole.

Il nuovo nucleo familiare necessita di tempo per ripristinare quell’ equilibrio economico e sociale che la sentenza di divorzio dovrebbe garantire: è allora possibile che gli attori necessitino successivamente di aggiustamenti o modifiche agli accodi di divorzio, allorché la nuova situazione si sia stabilizzata in un nuovo equilibrio sociale e d economico, nonchè di supporto psicologico per agevolare la separazione.
Fasi di elaborazione della separazione

Alienazione

Coincide con la fase della richiesta della separazione e comporta una gamma di sentimenti diversi a seconda della parte assunta nella vicenda. Nonostante la crisi possa essere ammessa da entrambi, accade raramente che la coppia decida comunemente di separarsi; più spesso avviene che un membro esprima la volontà di porre fine all’unione, manifestando sentimenti di delusione, disaffezione, alienazione. La parte che “subisce” la decisione viene spesso investita da emozioni forti e destabilizzanti, come ambivalenza, shock, autosvalutazione, caos, inadeguatezza, timore, angoscia.

Conflittualità

Durante la fase processuale prevalgono invece sentimenti di rabbia e ostilità, anche se inizia a farsi strada anche il senso di solitudine. La conflittualità in questa fase può assumere diverse forme.

Riequilibrazione

In seguito alla stabilizzazione della sentenza, con la conclusione della vicenda giudiziaria, gli ex coniugi ricostruiscono rispettivamente dei nuovi equilibri; il vissuto emotivo è meno invasivo e violento, con una sfumatura di sentimenti che vanno dalla rassegnazione alla fiducia e ottimismo, compresa la ricerca di nuovi legami affettivi .

In base alle modalità di fronteggiamento del conflitto, le coppie riusciranno ad accordarsi in modo consensuale oppure esiteranno in un divorzio giudiziale.